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"Questo testo è per me il ritorno alla scrittura drammaturgica, sia pure sui generis e forse di difficile traduzione scenica. La partitura teatrale si presenta spontaneamente quando si tratta di ascoltare e trasmettere le molte voci che si accavallano intorno a un evento complesso e si dispongono in una polifonia. Il massacro del Circeo, perpetrato da tre rampolli dell'alta borghesia romana, appartenenti alla destra eversiva degli anni 70, induce a riflessioni che coinvolgono etica, politica, devianza psico-patologica, rapporti di classe oltre che rapporti uomo-donna, proprio negli anni dell'esplosione del movimento femminista. Per questo non lo si può liquidare come un semplice fattaccio di cronaca nera. È un "fattaccio brutto" ma soprattutto uno "gnommero", per usare una parola gaddiana, un gomitolo di cause e concause, una rete che di nodo in nodo si fa larga a catturare le storie individuali e collettive". (Nota dell'autore)